Presentato a Uzzano il Dossier Caritas 2025. Crescono povertà e fragilità sociale. Le voci di Tardelli, Brizzi, Falvella e Suppressa.
La povertà, quando diventa una statistica, rischia di sembrare un problema amministrativo. Quando invece entra nelle storie delle persone, rivela il suo volto più duro: quello della solitudine e dell’esclusione. È questo il filo spezzato che attraversa il Dossier Caritas 2025, presentato a Uzzano, e che racconta una fragilità sociale sempre meno episodica e sempre più strutturale.
Dentro questo contesto si collocano anche i dati: sono 2.694 le persone incontrate nel primo semestre del 2025 dalle Caritas diocesane di Pistoia e Pescia – attive anche in territori delle province di Prato, Firenze e Lucca – con un aumento medio del 5,5% rispetto allo scorso anno, che sale all’8,5% nel territorio della diocesi di Pistoia.
Il lavoro delle Caritas si innesta su territori con caratteristiche demografiche differenti. La diocesi di Pescia, con 9 Centri di Ascolto, interviene su una popolazione di 127.188 abitanti, mentre la diocesi di Pistoia, attraverso 32 Centri, copre un bacino di 243.036 residenti.
In entrambe le aree la popolazione straniera si attesta attorno al 10%, ma con una concentrazione più marcata nel territorio della diocesi di Pescia, legata in particolare alla realtà di Montecatini Terme, dove la presenza di cittadini stranieri raggiunge il 24,5%. Un dato che incide in modo significativo sulla tipologia e sulla complessità dei bisogni intercettati dai servizi Caritas.
I numeri aiutano a capire, ma non assolvono nessuno: descrivono una realtà che da tempo chiede risposte e continua a ricevere rinvii.
Il prefetto Angelo Gallo Carrabba e il questore Marco Dalpiaz alla presentazione del Dossier Caritas 2025 a Uzzano.
A introdurre il quadro è stato il vescovo di Pistoia e Pescia, monsignor Fausto Tardelli, che ha definito la presentazione del Dossier «un’operazione sempre dolorosa», perché costringe a guardare in faccia le fragilità della società. «Anche quando si intravedono segnali positivi – ha osservato – restano sacche di disagio molto gravi, che in alcuni casi aumentano. Parliamo anche di persone che lavorano, ma con un lavoro povero, che non riesce a sostenere una vita dignitosa».
Il vescovo ha poi espresso con amarezza il disagio per le narrazioni distorte che talvolta circolano sull’utilizzo delle risorse della Caritas e della Chiesa. Una lettura che, ha spiegato, non solo non corrisponde al vero, ma rovescia la realtà dei fatti: «La Caritas e la Chiesa investono interamente le risorse di cui dispongono e, spesso, vanno oltre, mettendo a disposizione più di quanto formalmente destinato, per rispondere a bisogni che crescono e che altri non riescono o non vogliono intercettare». Un impegno che trova la sua espressione concreta nei Centri di Ascolto, «non luoghi di semplice distribuzione di beni – ha concluso – ma spazi di incontro, di dialogo e di relazione, dove si prova a ricucire legami sociali spezzati».
Per Cristina Brizzi, direttrice della Caritas di Pescia, il Dossier non è soltanto un’analisi statistica, ma uno strumento di consapevolezza. «È una parola viva sulla realtà – ha spiegato – perché i poveri non sono solo il tema di cui ci occupiamo, ma il luogo in cui Dio continua a farsi vicino, qui e oggi». Un invito a guardare oltre i numeri, mettendo al centro le persone.
Sul piano dei dati operativi è intervenuta Rossana Falvella, referente dell’Osservatorio Caritas di Pescia, che ha confermato l’aumento significativo dei contatti nei Centri di Ascolto nel primo semestre dell’anno. «L’emergenza più frequente resta quella abitativa – ha spiegato – e oggi italiani e stranieri si rivolgono alla Caritas in percentuali ormai molto simili». Accanto al lavoro e alla casa, pesa sempre di più la questione sanitaria: «Quasi il 40% delle persone rinuncia a visite specialistiche o a cure mediche perché troppo costose».
A chiudere gli interventi è stato Marcello Suppressa, direttore della Caritas diocesana di Pistoia, che ha richiamato il senso profondo del titolo scelto. «La povertà oggi non è solo mancanza di un pasto o di un lavoro – ha affermato – ma è prima di tutto un filo spezzato. È una condizione spesso silenziosa che genera vergogna, isola e nega la dignità della persona. Con questo Dossier vogliamo accendere i riflettori su questa frattura sociale e relazionale».
Il Dossier non offre soluzioni facili né promesse rassicuranti. Si limita a fare ciò che spesso manca al dibattito pubblico: mostrare il problema per quello che è, senza attenuarlo. E ricordare che una società che si abitua ai fili spezzati, prima o poi, smette anche di ricucirli.